Atomic Heart: l'imperfetto inizio di Mundfish- la recensione
Atomic Heart è il titolo di esordio di Mundfish, team russo che ha avuto il supporto di Focus Entertainment, publisher noto per produzioni recenti come A Plague Tale Requiem.
Il titolo ha avuto uno sviluppo molto lungo e travagliato, visto che è stato annunciato ormai circa cinque anni fa, ma finalmente è sul mercato e disponibile su tutte le piattaforme (incluso nel Game Pass fin dal lancio).
Trama
L'incipit di Atomic Heart è molto d'impatto, assisteremo ad una navigazione area che ci illustra i luoghi d'interesse maggiore dell'ambientazione e in generale ciò che convince della produzione di Mundfish è l'immaginario creato, specialmente per un team all'esordio.
Per ciò che riguarda la narrativa, il titolo ci fa vestire i panni di P-3 in un' Unione Sovietica dove dei robot sono in rivolta e senza un motivo ben preciso hanno ucciso la maggior parte dei civili e scienziati nella Struttura 3826, industria dedicata alla produzione dei robot.
Per quanto il prologo sia effettivamente affascinante e intrigante, la sceneggiatura dell'opera di Mundfish è fallace sotto diversi aspetti, in primis il protagonista è poco azzeccato al contesto, con il solito stereotipo del Marine di turno, complice anche i dialoghi con il guanto Charles: in questo caso le battute sono spesso troppo prolisse e poco interessanti ai fini della narrativa di Atomic Heart.
Inoltre la regia risulta molto confusa senza riuscire a ricreare in maniera idonea i colpi di scena dell'avventura, in generale ciò che non convince dell'avventura di Mundfish è la caratterizzazione dei personaggi, dando così la sensazione di un mondo affascinante, ma a causa della narrativa rimane un'occasione sprecata.
Nel titolo ci sono anche documenti e audio log relativi alla lore, in questo caso sono sicuramente più a fuoco rispetto alla narrativa esplicita, nonostante è presente una certa reiterazione dei concetti nei vari computer olografici che troveremo durante le sezioni di esplorazione.
Gli stessi dialoghi non brillano per una certa qualità nella scrittura, ci sono dei botta e risposta con alcuni personaggi per approfondire al meglio alcuni aspetti della narrativa, ma in generale ciò che si evince dal racconto non stupisce mai più di tanto, rimanendo l'ennesimo thriller sci-fi con colpi di scena abbastanza telefonati.
Gameplay e open world
Il gameplay di Atomic Heart prende ispirazione da diverse produzioni tripla A e non spicca di certo per originalità nelle meccaniche, alcune risultano anche interessanti come nel caso degli attacchi melee con la mazza, mentre altre risultano molto imperfette.
Lo stealth ad esempio è stato integrato con una certa superficialità, visto che nelle fasi lineari sarà praticamente impossibile da utilizzare e inoltre la scelta di inserire una sorta di quick time event per atterare il nemico risulta poco azzeccata.
Per ciò che riguarda lo shooting è fin troppo basilare, il feedback dei colpi inflitti non si percepisce, così come il sound design tra le varie armi da fuoco risulta molto simile.
Come detto prima, nella mano sinistra P3 ha un guanto, quest'ultimo è in grado di sfruttare i polimeri ed ha diverse funzionalità: come quella di elettrizzare o congelare i nemici, attivare una sorta di scudo e utilizzare la telecinesi.
Inoltre tramite il ramo delle abilità è possibile migliorare determinati aspetti relativi al guanto, aumentare la salute oppure la rapidità del personaggio.
Proprio sulle animazioni di P3 ci sono delle considerazioni da fare, il titolo ci mette di fronte a delle boss fight e dei ritmi negli scontri molto dinamici, facendo un paragone con un altro videogioco mi viene in mente DOOM Eternal (qui la recensione del titolo).
Tuttavia, Atomic Heart fallisce proprio in queste sezioni particolarmente dinamiche a causa di movimenti molto impacciati e poco rapidi del protagonista, anche con l'upgrade della suddetta abilità, rimane una certa spigolosità nelle animazioni, sia nel platforming che nelle ondate continue di nemici e anche nelle boss fight dove è richiesta una certa dinamicità nelle schivate.
Quest'aspetto si lega ad un altro problema del videogioco sviluppato da Mundfish, ovvero il bilanciamento della difficoltà, già a normale la prima metà del gioco risulta abbastanza frustrante a causa di questi limiti nelle movenze che mal si sposano con la scelta di integrare ondate continue di nemici e per le prime ore di gioco è praticamente impossibile potenziare a sufficienza lo skill tree del personaggio.
Avanzando nell'avventura si percepisce invece una situazione quasi opposta, visto che alcune abilità legate al guanto Charles sono abbastanza over powered e la difficoltà scende forse troppo rispetto a ciò che è accaduto nella prima metà del gioco.
Nel titolo è presente anche il crafting, dove si possono creare munizioni specifiche oppure più medicine da equipaggiare, inoltre le stesse armi si possono personalizzare e aumentano di livello in determinati campi: come il mirino, oppure nel caso dell'ascia la maneggevolezza dell'arma.
Per ciò che riguarda la varietà dei nemici, ci sono tipologie diverse di robot che forse tendono troppo ad assomigliarsi nei pattern di attacco, mentre l'intelligenza artificiale è su alcuni aspetti molto approssimativa, il team ha puntato molto sulla quantità di nemici elevati negli scontri piuttosto che su un comportamento evoluto.
La struttura open world invece è un elemento che francamente tende più ad annacquare l'esperienza tra una missione e l'altra, visto che per attivare una quest principale capiterà di dover raggiungere un altro luogo e visti i pochi punti di interesse nella mappa, rimane in generale un esperimento poco riuscito.
Inoltre nel mondo aperto ci sono dei sistemi di allarme che ci scagliano continuamente davanti nuovi nemici, tutto questo rende l'esplorazione frustrante e ciò che si evince in Atomic Heart è una game direction non a fuoco, sia nell'open world che nel design delle aree più lineari quando ci troviamo di fronte ondate di nemici.
Nel titolo ci sono anche dei puzzle solving e probabilmente risulta l'aspetto più convincente del gameplay, in questo caso bisogna utilizzare l'ingegno per risolvere gli enigmi ambientali.
Direzione artistica e prestazioni tecniche
L'art direction è uno degli aspetti più convincenti di Atomic Heart, gli scenari riescono a creare quell'immersione e testimoniano gli orrori avvenuti nelle strutture.
Ciò che invece si nota come un evidente compromesso è il riciclo delle varie ambientazioni, all'interno troverete stanze sempre tutte molto simili come design e in generale tendono a rendere l'esplorazione molto piatta, con materiali da recuperare continuamente tramite il guanto Charles.
Sul fronte tecnico il titolo si difende abbastanza bene, considerando l'uscita cross gen e la produzione doppia A, rimangono alcune spigolosità nel mondo aperto e nei modelli poligonali dei personaggi, mentre convince l'illuminazione e su Xbox Series X (versione da me testata), il titolo gira in 4k e 60FPS.
L'ottimizzazione presenta invece diversi problemi, il frame rate è ballerino e visto il genere di appartenenza del titolo non è un problema da sottovalutare, in alcune cutscene si notano alcuni cali che spezzano un pò l'immersione.
In Atomic Heart è presente anche il doppiaggio in italiano, un plauso va fatto al publisher e al team per aver integrato la nostra lingua in una produzione non così blasonata, si nota un pò il riciclo di determinate voci e la perfomance di P3 non sempre convince, con toni eccessivamente sopra le righe rispetto alla lingua originale e al doppiaggio in inglese, peccato perchè stiamo parlando di un doppiatore noto e con ottime perfomance nei ruoli di Deacon St. John in Days Gone (qui la recensione) e Colt in Deathloop (qui la recensione).
Le soundtrack invece convincono a metà, alcune tracce risultano adatte al contesto mentre altre sembrano un pò fuori focus in una produzione del genere, da segnalare comunque la presenza di un compositore di livello come Mick Gordon.
Per ciò che concerne la longevità, ho terminato Atomic Heart in circa 18 ore di gioco a livello normale e ho tralasciato diverse attività legate al potenziamento dell'equipaggiamento.
Il problema della produzione non è di certo la durata, ma piuttosto il ritmo molto altalenante all'interno delle singole missioni, dove in alcuni momenti sembrano notevolmente allungate e anche l'open world è sintomo di una direzione con le idee poco chiare.
Atomic Heart è una parziale delusione, oltre un immaginario interessante e una buona direzione artistica, si nasconde una produzione con molte imperfezioni, primo fra tutti un gameplay con molte meccaniche ma decisamente confuso, con un bilanciamento della difficoltà rivedibile e un open world troppo accessorio ai fini dell'esperienza.
Il protagonista e la narrativa non spiccano, a causa anche di una scrittura sottotono, mentre la stessa campagna vive di un ritmo fortemente altalenante.
In definitiva, la prima opera di Mundfish non riesce a rispettare le aspettative, rimane una produzione sufficiente ma decisamente imperfetta.
Voto 6,3
Pro
Immaginario molto affascinante
Buona direzione artistica
Contro
Narrativa decisamente sottotono
Il protagonista è fin troppo stereotipato
Ritmo altalenante e open world poco interessante
Varie imperfezioni nel combat system
Bilanciamento della difficoltà rivedibile
P3 manca di una certa rapidità nelle fasi action e nelle sezioni platform
Diversi problemi nell'ottimizzazione
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